La storia finora: Quando Il leader della Mano Gorgon fa un sogno premonitore nel quale vede Matt Murdock ucciderlo definitivamente, ordina di resuscitare il letale Bullseye come suo sicario, incaricandolo di eliminare Devil.

 

Per costringere Devil a mostrarsi il mortale cecchino prende di mira il distretto di polizia di Midtown Nord, uccidendo due persone al giorno fino a quando Devil non si consegnerà.

 

Devil, con il sostegno della Vedova Nera e di Kabuki e gl agenti del Noh tende una trappola a Bullseye, ma durante lo scontro contro il suo mortale nemico esita al momento di ucciderlo, e al contrario viene assassinato dal suo avversario.

La Mano porta via il corpo, lasciando gli alleati del Diavolo Rosso disperati.

 

 

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Requiescant in pace – 2° parte

Di

Abendsen e Carmelo Mobilia

 

L’edizione straordinaria del TG di quella sera fu una delle più seguite di sempre.

La conferenza stampa a Midtown Nord si era trasformato in un massacro.

I teleschermi di tutta New York trasmettevano immagini che sembravano estratte da un film sui samurai di Kurosawa.

“Decine e decine di ninja sono spuntati dal nulla, e hanno iniziato a massacrare i poliziotti! A nulla sono serviti gli interventi degli agenti dell FBSA infiltrati tra i giornalisti! Sono immagini inquietanti. Bullseye, lo spietato killer che da giorni miete vittime nel quartiere ha finalmente trovato il vigilante mascherato noto come Devil con cui si è affrontato su di un tetto adiacente al commissariato. Il nostro cameraman è riuscito a riprendere parte del loro duello, che si è concluso con l’apparente sconfitta del giustiziere vestito di rosso. Come vedete nelle immagini, il criminale lo ha trafitto alle spalle con una spada. Non sappiamo in che condizioni sia adesso Devil, dato che nessun corpo è stato ritrovato sul luogo dello scontro...”

 

Ben Urich si occupava da più di vent’anni di cronaca nera. Nella sua carriera di cadaveri ne aveva visti a bizzeffe, ma questo non lo aveva reso certo meno sensibile davanti ad un omicidio, specie se è quello di un amico.

Nella sede del Daily Bugle tutti avevano gli occhi puntati davanti al TV, e nessuno quindi prestava attenzione al vecchio cronista; se lo avessero fatto, avrebbero senz’altro notato l’espressione di terrore sul suo volto. Ben si allontanò silenzioso e uscì sulla scala antincendio, ufficialmente per fumarsi una sigaretta, ma mentre si accendeva la Camel, le mani gli tremavano e non riusciva a farle smettere.

Non poteva neppure sfogarsi, perché nessuno al Bugle ad eccezione sua era a conoscenza della vera identità di Devil. Il suo amico era stato ucciso e lui non poteva farci nulla.

 

Nel suo ufficio Foggy Nelson fece cadere una tazza di caffè bollente e imprecò nel vedere quelle immagini.

<No Matt... oh no, no... lo sapevo... lo sapevo... > disse mentre le lacrime gli rigavano il volto.

<Perché dovevi essere così? Perché non ti sei fatto aiutare? Perché Matt?> esclamò piangendo.

Franklin Nelson conosceva Matt Murdock dai tempi del college. Era uno dei pochi uomini a conoscenza della sua doppia vita. Conosceva meglio di chiunque altro la sua natura di solitario, quel suo modo di voler fare tutto da solo. 

Ogni volta che Foggy gli chiedeva perché non facesse squadra in nessun gruppo di supereroi che potessero coprigli le spalle nella sua lotta al crimine, Matt gli rispondeva:

“Mio padre da ragazzo mi ha sempre proibito di fare sport di squadra, Foggy” diceva “Non sono dunque portato dunque a collaborare con gli altri. Era un pugile, e un pugile può contare solo sui suoi riflessi e sui suoi pugni. Mi ha trasmesso questo: la voglia di combattere da solo.” Così si giustificava.

Era tassativo su questo, e questa sua determinazione a cavarsela da solo gli era costato al vita e aveva lasciato Foggy in preda al dolore e alla rabbia.

 

Nella sua camera nel convento a Clinton, suor Maggie era stesa sul pavimento a piangere, inconsolabile. Dalla sua bocca uscivano frasi di preghiera miste a singhiozzi disperati.  Matt Murdock era suo figlio e non c’è cosa più dolorosa al mondo di una madre che sopravvive al proprio figlio. Anche la sua forte fede era messa a dura prova, in quel momento.

 

Si chiamava Peter Parker ma era noto al mondo come Uomo Ragno.

Anche lui come Matt Murdock conduceva una doppia vita.

Anche lui, come Matt Murdock indossava un costume colorato e combatteva contro i mostri e i pazzi che la nostra società produceva.

Sapeva dunque che in quella bizzarra missione che conduceva era molto alto il rischio di venire ucciso, ma entrambi credevano, ed era questo che forse li rendeva eroici, si poteva essere disposti a farlo per una causa giusta.

Lo sapeva Peter come lo sapeva Matthew, eppure non si può mai essere veramente preparati a morire.

 

 

C’era un altro uomo a conoscenza dell’identità segreta di Matt Murdock.

Viveva alle Hawaii a spese dello stato, nel programma di protezione testimoni. 

Il suo nome era Wilson Fisk, ma per anni ha risposto anche all’appellativo di Kingpin.

Per anni lui e Devil hanno dato vita a una guerra di nervi che li hanno portati sull’orlo della follia della disperazione.  Una lotta senza esclusione di colpi, che ha fatto le sue vittime, e che oggi, per mano di Bullseye, è giunta alla fine.

Fisk aveva visto il servizio sul suo schermo al plasma del suo ufficio. La sua razione fu inspiegabile: frantumò il telecomando stringendolo fra le mani, poi sollevò la sua scrivania rovesciandola, e infine frantumò il televisione con un violentissimo pugno.

Doveva essere lui a dare il colpo di grazia a Murdock, un giorno, quando la loro rivalità non lo avrebbe più divertito, e qualcuno lo aveva privato di questo piacere.

Sarebbero volate delle teste per questo.

 

* * *

 

Hokkaido, Giappone. Tra i monti innevati, reso quasi irraggiungibile dal clima rigido, si ergeva un monastero antico quanto quella stessa terra.

Questo era in realtà la base segreta della Mano.

E’ da qui che Tomi Shishido alias Gorgon aveva elargito gli ordini che avevano portato alla morte di Devil, ed è qui che Bullseye e i suoi uomini ne avevano portato il corpo senza vita.

<Mostratemelo.> disse il leader supremo del clan.

Senza dire una parola, ma con un ghigno che ne tradiva la grande soddisfazione, Bullseye tolse il lenzuolo nero che lo copriva e mostrò a Gorgon il cadavere dell’uomo senza paura.

Shishido sensei tolse la maschera e vide il viso di Murdock.

Posò sulla sua giugulare due dita e non ne sentì il battito. Accennò un sorriso.

Fece segno ad uno dei suoi uomini e questo gli porse un pugnale.

Lo affondò nell’addome di Murdock, come per accertarsi che non stesse fingendo.

Nessuna reazione.

<Beh cosa credevi? Bullseye non fallisce mai! Nessuno può sopravvivere a una spada nell’addome!> disse il killer <Ah! Non mi sentivo così dal mio primo omicidio! E’ stato meraviglioso!> era come drogato, inebriato di adrenalina.

Il ninja Stone, capo della setta rivale dei Casti e prigioniero della Mano, era stato visibilmente torturato. Portava sul suo corpo di segni dei maltrattamenti a cui era stato sottoposto, violenze a cui pochi altri uomini al mondo avrebbero saputo resistere, ma grazie al suo addestramento e alla sua tempra, aveva resistito stoicamente, ma alla vista del corpo senza vita di Devil, l’eroe che più volte aveva sconfitto la Mano, l’uomo che era stato finemente addestrato dal suo maestro Stick, anche il suo spirito finemente forgiato dalla disciplina iniziava a sprofondare nello sconforto e nella disperazione.

<Hai visto il tuo pupillo, Stone?> disse Gorgon <Anche lui è caduto, davanti alla Mano. Nessun altro si opporrà a noi. Ti ho tenuto in vita affinchè lo vedessi con i tuoi occhi. Il prossimo a morire sarai tu!> esclamò a muso duro, poi disse:

<Portare il suo cadavere sull’altare. Voglio farne di lui un monumento alla nostra gloria! Questa è la fine che farà che si opporrà a noi!> gridò.

 

Fecero irruzione proprio in quel momento, quasi come se avessero aspettato le parole pronunciate da Gorgon. Colsero la setta della Mano di sorpresa, impresa che non si può dire facile per nessuno: d’altronde come fai ad aspettarti un raid dei tuoi peggiori nemici quando nessuno dovrebbe conoscere l’ubicazione del tuo nascondiglio?

Eppure erano tutti lì, sfondando vetrate e abbattendo porte: gli agenti del Noh e la setta rivale dei Casti, guidate dal duo Vedova Nera – Kabuki.

<FERMATE GLI INTRUSI! NON DEVONO LASCIARE VIVI IL PALAZZO!> gridò Gorgon in preda alla sorpresa e alla rabbia.

 

Cos’era accaduto? Come potevano essere giunti in un luogo tanto segreto con un tale tempismo e precisione.  Occorreva fare un salto indietro di alcune ore.

 

Flashback. QG del Noh. 12 ore prima della conferenza di Midtown.

I trascorsi da agente segreto della Vedova Nera le avevano fatto avere contatti con varie agenzie di tutto il mondo. Fu molto semplice per lei indire un meeting con gli agenti del Noh, specie con il sostegno di Kabuki a fare da tramite.

<Dunque il piano è semplice: portare allo scoperto Bullseye per fermarlo definitivamente. Se lo conosco bene… e lo conosco ... non potrà resistere all’esca che stiamo per preparargli: una conferenza stampa in prima serata al distretto di Midtown. Il capo del dipartimento di polizia, Stone, ha accettato di prendere parte al piano.>

<Si sta cucendo un bersaglio addosso, e Bullseye è noto per non sbagliare. E’ al corrente del rischio che sta correndo?> chiese Kabuki.

<Si, lo è. Stone* è un poliziotto molto coraggioso, conosce i rischi ma è pronto a tutti per fermare questo spargimento di sangue. Inoltre ci saremo noi a coprirgli le spalle.>

* = Marcus Stone, ex capo di Codice Blu, da non confondere col Ninja Stone, capo dei Casti, i nemici della Mano

<Hai accennato ad un coinvolgimento anche dell FBSA. Siamo certi che collaboreranno?> chiese Scarabeo del Noh.

<Sta tranquillo.  Il procuratore distrettuale Nelson mi ha garantito la totale collaborazione; ha seri ... motivi personali affinchè l’operazione riesca.> rispose Natasha, alludendo al legame affettivo che legava Foggy Nelson a Matt Murdock.

<Il piano sembra buono> osservò Ghiaccio <ma dobbiamo comunque stare all’erta. Ci sono buone possibilità che Bullseye non agisca da solo, sebbene di norma non sia nel suo modus operandi.>

<E’ un rischio che dobbiamo correre. Non avremo altre occasioni.> disse Kabuki.

<Io non sono pronto a correre rischi.> ribattè Devil, che fino a quel momento era stato in un angolo ad ascoltare <Bullseye vuole me e nessun altro. Io dico di dargli ciò che vuole, così la pianterà di prendersela con degli innocenti.>

<Ma è un suicido, non possiamo permettertelo!> disse Kabuki.

<Non sta a voi scegliere.> rispose, risoluto, l’uomo senza paura, facendo onore al proprio soprannome.

<Ha ragione lei, è una pazzia.> disse Natasha.

<No che non lo è. So quello che faccio.> le rispose Devil avvicinandosi a lei <Nat, l’altra notte, nel mio appartamento, mi hai chiesto se mi fido di te... la risposta è si, totalmente. Mi fido tanto da affidare a me la mia vita.>

Sebbene fosse non vedente, Natasha Romanoff sentì lo sguardo di Matt penetrarli l’anima.

 

Flashback. La notte prima. 24 ore prima della conferenza stampa di Midtown.

Elektra Natchios era andata da Matt Murdock. Si erano incontrati sopra il tetto di casa sua.

<Che cosa vuoi?> disse Matt, evitando i convenevoli.

<E’ un brutto momento? Vuoi che passi un'altra volta? Magari quando hai tutti i vestiti addosso...>

<Te lo chiedo un’ultima volta: che cosa vuoi, Elektra?>

<Questa storia di Bullseye. Non puoi affrontarla da solo. Voglio partecipare.>

<Perché?>

<Lo sai. Pure io ho dei conti in sospeso con lui. Inoltre, sono in debito con te.>

<Non è un tuo piano per vendicarti di me per la storia del processo?>

<Smettila. Lo sai che non è così. Voglio solo vendicarmi di Bullseye.>

Matt tornò indietro con la memoria, a quando lei fu uccisa proprio da Bullseye, e a quando la Mano la fece risorgere. Le loro vite erano intrecciate in un macabro disegno.

Eppure fu proprio quello strano legame a dare a Matt l’illuminazione.

La sua mente vagò, inseguendo un’idea, un’idea rischiosa, ma che cominciava a far germogliare nel suo cuore il seme della speranza.

<Elektra... cosa sai di preciso sul rito di resurrezione della Mano?>

La nella greca rimase sorpresa dalla domanda, anche se cercò di non darlo a vedere.

<Vuoi davvero conoscere il rito di resurrezione della Mano?> domandò <C’è poco da scherzare con le arti nere Matt.>

<E’ un rischio che sono pronto a correre. Dal primo giorno che ho indossato il costume da diavolo sono disposto a sacrificare la mai vita per salvare quella degli innocenti, non ho paura delle conseguenze.> le rispose Devil <ma voglio che tu mi dica tutto ciò che sai al riguardo.  E’ la mia sola occasione di porre fine ai massacri compiuti da Bullseye e la Mano, e farò tutto il necessario per sconfiggerli. Tutto.>

Elektra avvertì la risolutezza nelle parole di Matt, e acconsentì a dargli le informazioni che desiderava.

<Dal punto di vista alchemico posso fornire a te e ai tuoi amici del Noh tutto l’occorrente che serve per il rito...>

<Sai del Noh?> chiese incuriosito Matthew.

Elektra abbozzò un sorriso e andò avanti a parlare, evitando di rispondere: < ma l’elemento fondamentale per purificare lo spirito del defunto lo devi trovare tu. Ci vuole un sentimento puro, sincero e incondizionato. Qualcuno che tenga realmente a te, tanto da rivolerti indietro ad ogni costo. Escluderei di portare Nelson in quell’inferno, per cui non rimangono molti altri candidati. Devi solo chiederti, Matt, quanto la russa che dorme al piano di sotto tenga a te e quanto è pronta a sacrificare per riaverti... sei pronto a scommettere la tua vita puntando sull’amore di una spia doppiogiochista?>  domandò Elektra.

 

Presente. Hokkaido. Nel covo della Mano.

Iniziò così un feroce battaglia che pareva uscita dal libro dell’Apocalisse: guerrieri in nero contro guerrieri in bianco, armi di ogni genere che s’incrociavano tra di loro. 

I corpi dei ninja della Mano, trafitti mortalmente, si tramutavano in denso fumo nero lasciando per tetta solo la loro uniforme, mentre Bullseye e la sua controparte femminile facevano strage dei Casti e degli agenti del Noh.

In mezzo a quella baraonda Kabuki liberò il capo dei Casti Stone, visibilmente provato dalle torture a cui era stato sottoposto.

<Gorgon ... lui... non deve fuggire...> disse con un filo di voce, indicando, tremante, la direzione presa dal suo aguzzino.

<Il corpo di Devil è nell’altra stanza! Seguimi!> gridò Natasha Romanoff.

Kabuki rimase per un attimo impietrita, indecisa sul da farsi: il piano originale prevedeva, grazie alla cimice inserita nel corpo di Matt Murdock, di trovare la base della Mano e di sconfiggerne gli adepti mentre lei e la Vedova Nera avrebbero dovuto effettuare su Devil il rito di resurrezione, ma era anche vero che lo scopo di tutto era debellare definitivamente la setta e il loro capo Gorgon, che stava fuggendo.

L’inseguimento richiedeva la rottura della promessa fatta a Matt. Doveva lasciare andare il suo obiettivo primario per salvare il suo amico? Oppure Devil avrebbe sacrificato volentieri la sua vita per sconfiggere definitivamente Gorgon? Furono attimi di panico per la giovane spia giapponese.

<Che aspetti? Vieni! Se Matt verrà decapitato sarà tutto inutile!> gridò Natasha.

Il cuore di Kabuki batteva all’impazzata in preda all’indecisione.

All’improvviso, dal nulla, arrivò qualcuno a toglierla da quella situazione.

Una donna che era l’incarnazione dell’Angelo della Morte ma che in quel momento diveniva una speranza di vita.

<Insegui il tuo nemico, porta a termine il tuo compito. A Matthew penso io, te lo prometto.>

Elektra doveva averli seguiti per conto proprio, senza dire nulla a nessuno. Kabuki non si fermò a chiedersi come e perché, si limitò a farle un cenno d’intesa con la testa e corse dietro a Gorgon.

 

La ninja greca raggiunse la spia russa all’interno di quello che era una sala per cerimonie. Il corpo privo di vita di Matt Murdock era stato posato su un altare di pietra.

<Natchios, ma cosa...>

<Silenzio, Romanoff. Preparati al rito.> la interruppe Elektra con un tono che non ammise repliche.

Accese due bracieri che si fecero subito ardenti e vi gettò dentro delle sostanze misteriose dall’odore pungente come incenso, poi cosparse il corpo di Devil con un misterioso unguento.

Natasha era in ginocchio ai piedi dell’altare, con la fronte appoggiata alla testa di Matt e le mani sulle sue tempie.

Elektra poggiò una mano alla caviglie del cadavere ed estrasse una pergamena vecchia quanto quelle montagne.

<Adesso concentrati, come mai hai fatto in vita tua. Lo sforzo ti svuoterà, ti sentirai spossata, ma non desistere, mai. Pensa intensamente a Matthew, ai ricordi che hai di lui e ricordati che la sua vita dipende da te.> e dopo aver detto queste parole Elektra iniziò a leggere quell’antico documento, in quella che doveva essere una lingua morta.

 

Kabuki si precipitò lungo il corridoio alle calcagna di Gorgon.

Nel buio, un passo dopo l'altro, sentiva il freddo del pavimento di pietra alle piante dei piedi salirle lungo le gambe e confondersi con la cosa fredda che si agitava nell'addome.

Era rabbia e odio; lo capì nel momento in cui prese la decisione di seguire il capo della Mano. Percorreva il tunnel e quando intuì, nonostante le tenebre che l'avvolgevano, che lui era lì fermo ad aspettarla, si diede il permesso di lasciare il controllo di quelle emozioni che per tutta la vita aveva tenuto a bada mentre gli dava la caccia in giro per il mondo.

<Infine, tu e io, come volevi.> disse lui.

Lei si fermò, alzando a due mani la spada di fronte al suo viso per mettersi in posizioni di guardia in attesa del momento giusto per attaccare.

<Mi sono detto, perché scappare? Diamole quella morte alla quale continua ad avvicinarsi. In tutti questi anni non ho mai considerato né te né il Noh un vero e proprio ostacolo sulla mia strada, ma anche le zanzare diventano fastidiose dopo un pò.>

<Forse. Di sicuro non ti saresti fermato ad aspettare il Diavolo di Hell's Kitchen, quale codardo e superstizioso sei.>

<Puttana!> Gorgon si tolse la maschera che gli copriva gli occhi, facendola cadere a terra, battè le mani e la luce rischiarò il tunnel a giorno abbagliando Kabuki.

Accorciò con un balzo la distanza che li separava e menò un fendente dall'alto verso il basso con la spada che portava alla vita.

Kabuki colse il bagliore della lama descrivere un arco luminoso verso il centro dei suoi occhi e con l'istinto allenato di assassina rispose riducendo lo spazio tra sé e la sua katana. Le due lame impattarono una contro l'altra incrociandosi tra acuti suoni metallici.

 Troppo vicini l'uno all'altra per aprire la posizione e stoccare un colpo mortale, si ritrovarono a faccia a faccia bloccati in una prova di forza.

La lama di Gorgon s'inclinò, a stento trattenuta dalla spada di Kabuki, e premendo sulla maschera senza espressione che le copriva interamente il volto ricalcandole i lineamenti, la incise sopra l'occhio destro.

Gorgon fece più forza e la maschera s'incrinò verticalmente spaccandosi in due parti nette. Non riuscì ad affondare oltre, però, limitandosi a disegnare un sottile filo rosso sul viso scoperto della ragazza.

Gli occhi di lui erano ora fissi su quelli di lei, e questi ultimi erano vivi e sprizzavano odio.

Gorgon non se ne accorse, perché fu colpito sia dal non vederli spenti e senza vita, tramutati in pietra dal suo sguardo di Medusa sia dalla vistosa cicatrice che copriva tutta la parte destra del viso di Kabuki, dalla fronte al mento.

Una cicatrice che rappresentava dei kanji e quando il loro significato prese forma nella sua mente l'esitazione della doppia sorpresa gli fu fatale.

L'agente del Noh ne approfittò squarciandogli il ventre con la lama corta del suo falcetto a mezza luna che teneva alla schiena, poi lo spinse all'indietro e Gorgon cadde a terra lasciando andare la spada nel tentativo, invano, di impedire alla sue viscere di riversarsi sul pavimento.

Accadde tutto in poco tempo, durante il quale i loro occhi non smisero mai di perdere il contatto gli uni con gli altri.

<Ma co-come?!...> sospirò Gorgon.

<La riconosci, non è vero?> disse Kabuki riferendosi alla cicatrice.

<Ka-bu-ki.> Gorgon lesse i kanji scritti nella carne della ragazza.

<L'ho fatto in onore di mia madre. Per non dimenticare chi sono. Lo stesso sfregio che gli facesti tu, dopo averla violentata e poi lasciata a vivere una vita da pariah ed infine morire in solitudine. Nelle mie vene scorre il tuo sangue. Sono immune al tuo sguardo di morte.>

<Sei tu... il de-demone del mio sogno...>

<Sì, sono io, padre. Come mia madre, anche io sono una Ainu.[i]>

E con un fendente gli staccò di netto la testa dal collo.

 

La battaglia intanto proseguiva facendo numerosi morti da entrambe le fazioni. La Mano però poteva contare su assassini provetti come Bullseye e Lady Bullseye, che stavano lentamente portando l’esito dello scontro dalla parte delle forze della tenebre.

Stone seppur sfinito dalle torture ricevute, teneva fede al suo nome ergendosi insuperabile tra gli alleati e le forze della Mano, quando un coltello gli si conficcò tra le scapole, tramortendolo.

Il sadico cecchino dalla mira infallibile gli giunse alle spalle e i ninja che circondavano il capo dei Casti non osando intralciarlo smisero di assalire la sua preda, lasciandola alla sua mercé.

<Stone, Stone, Stone...> lo sbeffeggiò Bullseye, <a passare un po' di tempo con questi ninja s'imparano cose interessanti. Tipo che avrai anche la pelle indistruttibile, ma non se non vedi da dove arrivano i colpi... e quando Bullseye colpisce, è magico!>

Estratto il coltello dalla schiena, alzò il braccio per dargli il colpo di grazia, ma la lama gli venne volta di mano da un nunchaku, lanciato con precisione chirurgica da parte di qualcuno.

Questa cosa provocò in Bullseye una sorta di dejà vu, dato che l’unico in grado di disarmarlo con tale precisione era...

<DEVIL!> gridò in preda allo stupore e alla paura.

Era comprensibile una reazione del genere: d’altronde, quante volte può capitare ad un serial killer di vedere la sua ultima vittima nuovamente in piedi e più vigorosa che mai?

Eppure stava accadendo, era lì, dinnanzi ai suoi acutissimo occhi: Devil era vivo, e lo stava sfidando.

<NON E’ POSSIBILE! TU SEI MORTO! TI HO UCCISO! TI HO UCCISOOOO!>

<Sono tornato dall’inferno per sconfiggerti, Bullseye!> gli rispose lui di rimando, lanciandosi contro di lui.

Bullseye era a dir poco sconvolto e provato dal combattimento svolto fino a quel momento, Devil invece era più concentratissimo. I suoi ipersensi erano più acuti che mai.

Rispetto all’ultima volta, lo scontro era di tutt’altro genere.

<Non puoi essere tu! Sei uno spettro, un demone tornato per tormentarmi!> blaterava il cecchino.

<Credici o no, sono qui per te.> rispose il diavolo rosso.

Schivava quasi senza fatica i goffi tentativi di colpirlo del terrorizzato Bullseye, che non si stava battendo come al suo solito, mentre i colpi di Devil andavano tutti a segno; erano settimane che, ogni volta che si esercitava al suo sacco d’allenamento, che Matt desiderava di colpire il suo nemico, e finalmente ci stava riuscendo: lo colpì più volte al volto, di destro e sinistro, poi una ginocchiata al tronco, lasciandolo senza fiato, e dopo aver ripetuto la sequenza diverso volte, lo finì col più devastante degli uppercut, in cui riversò tutto quello che Bullseye gli aveva fatto sentire fino a quel momento, tutta la rabbia, la frustrazione, tutto il dolore e la tristezza erano in quel pugno messo a segno emettendo un gemito di rabbia.

Bullseye andò al tappeto e per Matthew Michael Murdock fu il più bel K.O. che avesse mai fatto. 

L'ebrezza della vittoria lasciò presto le sue membra al pensiero della Vedova Nera e di quello che aveva fatto per lui.

Col cuore che ora gli rimbombava nel petto alimentato non più dall'eccitazione dello scontro, ma dal senso di colpa e dalla preoccupazione, si reco nella sala della sua resurrezione.

Un caldo sollievo lo alleggerì di ogni tensione quando udì il flebile battito cardiaco di Natasha Romanoff ancora priva di sensi distesa a fianco dell'altare di pietra dove poco prima lui giaceva morto. Gli agenti dello SHIELD a protezione della loro più letale spia si scansarono al suo arrivo trafelato. Per lui a cui nulla sfuggiva ai suoi sensi erano come fantasmi mentre la stringeva delicatamente tra le sue braccia alzandola da terra, deciso a riportarla a casa.

 

Nel frattempo un altra donna aveva già dato il suo commiato. Elektra era venuta a fare quello che doveva fare e poi se n'era andata, invisibile tra le ombre così com'era venuta.

 

Anche qualcun altra era caduta a terra incosciente e veniva presa per le braccia e alzata, ma con una stretta non altrettanto gentile.

Lady Bullseye era un'eccellente combattente, ma non così in gamba da sconfiggere contemporaneamente sia Scarab che Butoh, due tra le migliori spie assassine del Noh.

 Insieme all'omonimo amato, che delirava di angeli, demoni e resurrezioni diaboliche senza ormai opporre resistenza all'arresto come se tutto quello che stava accadendo intorno a lui non avesse più la benché minima importanza, veniva presa in custodia dal servizio segreto giapponese e spariva dietro la porta metallica di un turbojet nero senza nessun contrassegno identificatore.

 

EPILOGO 1.

Per chi crede in Dio, si dice spesso che le difficoltà della vita sono prove della fede.

Per suor Maggie furono giorni in cui tale fede fu messa a dura prova, ma il dolore e lo sconforto provato fino a quel momento furono sostituiti dalla gioia più grande che avesse mai provato in vita sua, quando vide Matt, vivo e vegeto attraversare la soglia della missione di Clinton.

Abbracciò il suo redivivo figlio e lo sommerse di lacrime di gioia, ringraziando il Signore per il miracolo che le aveva concesso. Ci volle parecchio prima che l’anziana suora tornò in se.

<Non ricordo di essere mai stata più felice di così Matthew. Oggi è un giorno speciale, non lo dimenticherò mai. Si lode al Signore.>

<Sempre sia lodato.> rispose Matt.

<Devi perdonarmi il mio entusiasmo, di solito cerco di non farmi trasportare dalle emozioni, ma capirai che non capita tutti giorni di vedere il proprio figlio tornare in vita come Lazzaro.>

<Tranquilla mamma. Sei stata decisamente più contenuta di Foggy. Credo di non essere mai stato abbracciato così da un uomo in vita mia.> sorrise ancora Matt.

<Tu ci scherzi su figliolo, ma come ti ho appena detto, non capita tutti i giorni di assistere ad un miracolo.>
<Devo ringraziare te, mamma, per quanto è avvenuto?>

<Me? Io mi sono limitata a pregare Matthew; i tuoi ringraziamenti vanno solo a Dio...>

<Si, certo, ma è stato grazie all’ispirazione datami da te se sono riuscito a concepire il piano che mi ha permesso di essere qui oggi...>

Matt raccontò tutto a Maggie, di come avesse permesso di venire ucciso e poi resuscitato dal rito della Mano per sconfiggere il male nella loro tana, e di come l’idea gli venne dal rosario che lei gli regalò [num. scorso].

<Avevi ragione nel volermelo dare, mamma. Nella fede ho trovato la forza, il coraggio e l’ispirazione per sconfiggere i miei demoni, e senza ricorrere a ... misure estreme.>

<Te lo ripeto Matt, non devi ringraziare me ma Nostro Signore, per tutto quanto. Adesso preghiamo.>

E madre e figlio si inginocchiarono e si misero a farlo.

 

EPILOGO 2.

 

Il cimbalo risuonò all'ora prestabilita. Devil e Kabuki sciolsero la posizione del loto e conclusero la meditazione.

<Sono sorpreso di trovarti ancora qui negli States. Credevo fossi rimasta in Giappone.> disse Matt

<Ho ancora alcune cose sa sbrigare qui, ma non mi fermerò per molto.> rispose lei.
<Meditare con una giapponese è sempre stimolante per me, ma sono venuto qui per ringraziarti, Kabuki. Senza di te e gli agenti del Noh non sarei mai riuscito a sconfiggere la Mano.>

<Ukiko. Il mio vero nome è Ukiko.>

<Io...>

<Capisco l'importanza di mantenere una identità segreta, Murdock-san.>

<Come?!>

<Il Noh sa molte cose Matt-san, ma non preoccuparti, mi sono assicurata che il tuo file non abbia più quell'informazione.>

<Grazie.>

<E' il minimo che potessi fare. E sono io che ti ringrazio. E' stato un lavoro di gruppo, ma sei tu che ti sei accollato i rischi maggiori, e ce n’e voluto di coraggio, credimi, per rischiare così tanto. Sei realmente senza paura come dicono.>

<Eppure senza di te non sarei qui. E’ a te e a Natasha che devo la mia vita.>

< Uh, a dire il vero, anche in questo caso, Matt-san, non è me che devi ringraziare.>

<Prego?> chiese Matt, notato un leggerlo sobbalzo nel battito cardiaco della sua amica.

<Io pensavo che tu lo sapessi... > disse la giapponese in preda allo stupore.

<Ma di che parli?>

<Ti riferisci al rito di resurrezione, presumo... >

<Esattamente. Ti avevo fornito tutte le informazioni necessarie, ed eri l’unica in grado di eseguirlo.>

<Si ma vedi, mentre tu eri... morto, c’è stato un momento di grande caos. Mi sono ritrovata nel dover scegliere tra eseguire il rito o dare la caccia a Gorgon. Mi sono trovata ad esitare, mi vergogno a confessartelo...>

<Ma allora chi...?>

<E’ arrivata Elektra a togliermi dall’indecisione. E’ lei che si è fatta carico della tua resurrezione.  C’era lei, con Natasha, mentre tu tornavi in vita... non ci hai parlato, al tuo risveglio?>

Il silenzio di Matt fu una risposta eloquente.

 

Era stata Elektra a prendersi la responsabilità di far tornare Matt nel mondo dei vivi, quindi.

Ma perché? Non si fidava di Kabuki? Non voleva lasciare che tale responsabilità ricadesse sulla sue spalle? Non voleva che la vita di Matt corresse dei rischi?

O forse non nutriva fiducia nei sentimenti che Natasha provava per lui?

Alla luce di questa rivelazione un altro grosso dubbio si fece largo nel cuore di Matt Murdock: era stato l’amore di Natasha Romanoff nei suoi riguardi a purificare il suo spirito e a premettergli di tornare in vita, oppure erano stati i sentimenti di Elektra? 

Albergava forse ancora dell’amore per lui nel cuore della bella greca?

Purtroppo per lui, Matt Murdock sapeva bene che non sarebbe stato facile trovare una risposta a tale domanda.

 

終わり

(FINE)

 

Le Note

 

Non abbiamo pensato neppure per un istante che abbiate creduto alla morte di Matt Murdock (o forse qualcuno si?) J ma speriamo di aver suscitato in voi la curiosità di come le cose si sarebbero sviluppate, così come speriamo che l’esito vi abbia lasciati soddisfatti.

 

Abendsen e Carmelo.



[i]           Diversi storici ipotizzano che gli oni, malvagi e brutali demoni della cultura giapponese, derivano probabilmente da una distorsione degli antichi nemici del popolo di Yamato, gli Emishi o Ainu. Questa popolazione appartenente ad un ceppo antropomorfico non precisato e differente da quello mongolico da cui provengono i giapponesi aveva uomini alti, grossi ed estremamente pelosi. Questi avversari storici così letali potrebbero essersi trasformati, nel tempo e nell’immaginario collettivo, in Demoni vestiti di pelli di tigre e capaci di brandire enormi mazze.
Questi demoni sono i guardiani dei cancelli degli inferni buddisti e portano devastazione, pestilenza e di calamità.